dopo 50 anni… “Lettera a un’animatrice digitale”

Premessa

Prima cosa da chiarire è lo strano rapporto fra la mia vita e il libro “Lettera a una professoressa”.
Sono nato nel 1961.
Poco dopo, verso il 1966, nacque il progetto di costruzione del libro, che si concretizzerà nel 1967.

Sono di formazione cattolica, politicamente orientato verso sinistra (se così si può dire ai tempi odierni…) e il mio legame con Don Milani è documentato dall’acquisto e studio personale verso la terza-quarta liceo di “Lettera a una professoressa” e poi si consoliderà con la scelta di fare obiezione di coscienza e, in modo non esplicito e consapevole da parte mia, con la scelta di diventare insegnante.

50 anni.

La nostra libreria è in un caos infernale e il mio vero problema è trovare un testo… anche se so che c’è.
Incredibilmente, dopo tanti tanti anni, sono andato nella fila più in alto, lontana e anche se non riuscivo a leggere… ho riconosciuto dimensione e colore del titolo e, al primo colpo, l’ho ritrovato.

L’ho riletto e vorrei condividerne le impressioni.

Ho pensato che la mia storia, il mio background, il mio essere oggi professore  in una scuola superiore, il mio essere presidente di FabLab Romagna… possano dare una chiave di rivisitazione particolare.
Quasi una beffa (o un segno del destino) è poi il fatto che proprio in questi anni sto orientando il mio lavoro verso le classi prime delle superiori.

E’ stato per me naturale interessarmi delle situazioni più difficili delle scuole superiori e l’aggettivo “più difficili” è legato a un elemento chiarissimo e costante nel tempo: altissimo tasso di bocciature.
Quasi una beffa per me… perché la lettera di Barbiana è un altissimo grido contro le bocciature.
E un effetto che vedo nella scuola è proprio quello di rallentare le bocciature nelle medie… ma che poi esplodono in prima e seconda superiore.

Le sensazioni che ho provato non sono semplici.

Da un verso certi passi li ho trovati non allineati al tempo attuale, già superati… e dovrebbe essere la cosa più ovvia dopo 50 anni. Dovremmo augurarcelo e potrebbe essere anche un merito di questo testo se molte cose sono cambiate.

Ma le accuse e come si sono applicate le soluzioni in questi anni fanno emergere anche punti critici.
Forse potevamo gestire diversamente le cose.

Ma ci sono anche riflessioni e accuse che ho trovato fortemente attuali e ancora applicabili alla nostra scuola, alla nostra società.

Chi ha fatto il libro

Prima considerazione è sulla storia e metodo di progettazione e costruzione di “Lettera a una professoressa”
Metodo che anche i fablab vorrebbero adottare e sostenere.

Metodo che è già vita vissuta in molte scuole… ma in molte altre è alieno e talvolta è anche ufficialmente vietato. Il metodo che rende protagonisti gli allievi, che da fruitori di un servizio di docenza, diventano protagonisti della stessa docenza.
Ragazzi che insieme hanno un obiettivo concreto, in questo caso “vendetta”.
I ragazzi di Barbiana incarnano la reazione dell’ambiente in cui vivono e in cui credono rispetto a ripetute e non motivate bocciature.

Illuminante l’organizzazione metodologica auto-costruita, che cerca intelligentemente sostegno e competenze all’esterno e pone regole precise in queste collaborazioni (pag.126-127) : “Si accettano i loro consigli purché siano per la chiarezza. Si rifiutano i consigli di prudenza.”

La mia situazione è stranissima. Erano i miei idoli questi ragazzi, anche se non ne ero pienamente consapevole. La loro rabbia era la mia rabbia nella scuola in cui vivevo. In quarta superiore lessi un brano di Bertrand Russell molto pesante sulla scuola durante un consiglio di classe: ne parlai con i miei compagni, mi dissero che era molto bello e mi diedero pacche sulla spalla. Rimediai l’irrisione dei docenti e l’essere rimandato in Fisica. Ne vado ancora orgoglioso e ho realmente affetto per il mio docente di Fisica con cui ho anche lavorato come collega.

Ora sono un docente con molti anni di servizio.
I tempi di 50 anni fa non permettevano la sintesi che possiamo avere oggi: “testa di cazzo galattica”.
Questa la valutazione sulla professoressa che estrapolo dalla lettura.

Nel mio caso il galattico è garantito dal fatto che da tanti anni conosco tutto questo e impunemente sono docente dipendente statale, valuto, faccio test e boccio. Ripugnante.

Quale scuola oggi

I ragazzi dicono cose molto pesanti verso la professoressa. La situazione lo richiedeva, secondo me.

C’è una formazione politica che emerge nel testo, ed è naturale che l’analisi sia rivolta ad analizzare la differenza fra classi e classi di mestieri.  Nella mia esperienza questi aspetti sono superati.
Non emerge dal testo e non potevano emergere problematiche all’epoca inesistenti: ecologia.
Comportiamoci correttamente rispetto all’ambiente.
L’uomo non aveva ancora applicato a fondo la sua stupidità nello sviluppo industriale.
Però il comportamento corretto rispetto all’ambiente impone il rispetto delle risorse, evitare lo spreco.
E’ spreco impedire ai nostri studenti l’esplicamento delle proprie capacità cognitivo-relazionali.
Anche a questo ci richiama Lettera a una professoressa.

Certe ripetute osservazioni negative verso persone catalogate come “fascisti” le trovo antiquate.
Altrettanto antiquata è la totale positività che ho letto verso i sindacati: oggi quando si parla di tutela sindacale dei docenti non si intende innovazione pedagogica ma garanzia per quei diritti che vengono derisi nella nostra “lettera a una prof”.

Cosa può trarre oggi un animatore digitale da questo testo?
Non ne avessi abbastanza… sono anche animatore digitale e odio il termine.
C’è un involontario (suppongo) umorismo in chi ha scelto il termine.
Animatore mi ricorda le persone che animano le feste di compleanno.
Lavoro senz’altro dignitoso, ma pensavo che aver questo ruolo comportasse altre responsabilità .

Digitale è contrapposto ad analogico: riferimento al fatto che bisogna applicare le nuove tecnologie alla didattica.
Sono insegnante di informatica, non posso aver paura delle nuove tecnologie e so perfettamente quanti vantaggi possono dare.
Eppure temo che questa pesante sottolineatura rischi di farci dimenticare che ciò che conta veramente è l’essere insegnanti e che la nostra qualità come docenti, come persone che si applicano in questo ambito… prescinde assolutamente dall’essere analogici o digitali.

Questo i ragazzi non potevano saperlo ovviamente… e il loro è un grido rivolto al coinvolgimento diretto dei ragazzi nel loro percorso educativo, al cadere di preconcetti e ruoli per aprirsi al coinvolgimento di gruppo, alla ricerca di comunione di intenti per una crescita con percorsi da inventare rapportandosi come gruppo e singoli rispetto al mondo che cambia.
Nel testo il distacco fra i bocciati e primi della classe è alto e diventerà un fosso incolmabile.
Qui sento che come fablab possiamo andare avanti; è frequente che si avvicinino ragazzi interessati a novità tecnologiche con situazioni scolastiche estreme e agli opposti: il primo della classe e quello che sta per essere bocciato ma con la tecnologia in testa.

Questo è importante. Rispetto a questo analogico o digitale non ha, ancora oggi, importanza.
Anzi è una etichetta preimpostata.
In questo mondo educativo molto importante è la parola creatività, la ricerca di strade di contatto diretto della scuola con il mondo reale e del lavoro.
L’importanza della tecnologia e del digitale applicato ad essa è molta, in un nuovo continuo che fa paura, spaventa molti docenti non inclini a dover ammettere la propria incompetenza davanti a molti ragazzi.
Non predisposti a un lavoro di gruppo… non più pia e pedagogica intenzione… ma assoluta necessità davanti alla complessità del reale.

Sono sicuro che questi ragazzi si sarebbero trovati benissimo in un fablab, perché questi sono i modi normali di apertura di un fablab.
Interessante la richiesta di apertura pomeridiana, fuori dai normali canoni scolastici con il coinvolgimento di enti comunali dai ragazzi spesso inutilmente sollecitata: anche qui vedo strade che anche i fablab e i PON ministeriali  cercano di percorrere.
Salvo eccezioni e parte della scuola dell’infanzia (gestita direttamente dai Comuni)  il distacco attuale fra enti comunali e scuole pubbliche è ancora troppo alto.

La trasparenza è un metodo e i ragazzi la usano correttamente. Vendetta è la motivazione, forte, del gruppo. Rancore verso i docenti, esprime il testo: “Cerco di capirvi. Avete un aspetto così rispettabile. Non avete nulla del criminale nazista. Cittadino onestissimo e obbediente che registra le casse di sapone. Si farebbe scrupolo a sbagliare una cifra (quattro, quattro meno), ma non domanda se è sapone fatto con carne d’uomo.” (pag.78)

È correttamente e chiaramente sottolineato il fondamentale ruolo della scuola nella formazione civile e politica dei cittadini.  Traspare poi l’estrema importanza che attribuiscono al ruolo docente, tanto da ipotizzare il celibato come elemento auspicabile per chi decide di dedicarsi all’insegnamento (pag.86-87)… ma sottolineano anche scandalo per la paga e il tempo libero dei docenti.
Questo è contradditorio. Forse il governo negli ultimi 50 anni ha preso troppo sul serio in questo punto “Lettera a una professoressa” :-).
Personalmente l’unico motivo per giustificare in qualche modo la paga attualmente bassa dei docenti è il surplus di tempo libero che riescono a guadagnarsi.

 

Legata all’epoca e alla volontà di costruire uguaglianza, ma errata nella modalità è la cosiddetta “teoria del genio”, giustificata come invenzione borghese per consolidare le differenze ed evitare la complessità della formazione (p.125).
Al contrario l’enorme differenziazione di tutti noi rende più complessa la formazione e più delicata proprio nell’ottica di evitare lo spreco. Sempre più spesso vedo ragazzi con caratteristiche geniali che vivono difficoltà di ambientazione a scuola come i ragazzi disabili.

Sarebbe bello, 50 anni dopo (2017), prendere otto ragazzi bocciati delle nostre scuole proporre  loro una esperienza di scuola privata tipo Barbiana e arrivare a far loro scrivere “Lettera a una animatrice digitale” 🙂

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